venerdì 11 febbraio 2011

Il Cavalier de Lapalisse (Marco Travaglio)





Nell’Avaro di Molière, il valletto Valerio cita una massima antica: “Bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare”. Arpagone s’illumina d’immenso: “Ben detto! Vieni, voglio abbracciarti, è la miglior sentenza che abbia udito in vita mia. Bisogna vivere per mangiare e non mangiare per vi… No, non è così? Come hai detto?”. Valerio: “Che bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare”. Arpagone: “Me la devi scrivere, voglio farla incidere a caratteri d’oro sul camino della sala da pranzo”.
Anche B., ultimamente, ha orecchiato una frase: “Tutto quel che non è espressamente vietato dalla legge è lecito”.
Dev’essere di Monsieur de Lapalisse, quello che un quarto d’ora prima di morire era ancora vivo. Ma il nostro premier ne è rimasto letteralmente folgorato, tant’è che s’è messo in testa di infilarla nella Costituzione all’articolo 41 (un 41-bis che, diversamente da quello dei mafiosi, gli piace un sacco). Ieri in conferenza stampa la ripeteva tutto giulivo, con l’aria ispirata che doveva avere Einstein quando scoprì la Teoria della relatività.
E ne aveva ben donde: se tutto quel che non è vietato dalla legge è lecito, basta cambiare la legge che vieta qualcosa e tutto diventa lecito. Per uno abituato a fare le leggi e a violarle, è un’illuminazione: per non violarle più, basta cambiarle un attimo prima di violarle.
A saperlo prima, la sera del 27 maggio bastava un decreto per imporre l’immediato rilascio e l’automatica promozione alla maggiore età delle marocchine minorenni fermate per furto che abbiano fatto almeno un bungabunga ad Arcore, e si sarebbe risparmiato quella spiacevole telefonata in questura con tutto il casino che ne è seguito.
Intercettazioni, perquisizioni, indagini, processo immediato e ora addirittura la “causa allo Stato” contro le toghe rosse.

Anche perché, sebbene non sia vietato dalla legge, non si capisce bene come farà il rappresentante dello Stato a far causa allo Stato.

Userà l’Avvocatura dello Stato, la stessa che dovrebbe rappresentare lo Stato contro di lui?

Finora s’era vista la Presidenza del Consiglio parte civile, a nome dello Stato, contro il premier imputato di aver danneggiato lo Stato corrompendo giudici e testimoni: in caso di condanna, il presidente del Consiglio deve pagare i danni alla Presidenza del Consiglio.
E altri danni dovrà rifondere se condannato per concussione alla Questura di Milano. Ma intanto lui chiede i danni al ministero della Giustizia perché i giudici lo processano per concussione alla Questura.
Magari, alla fine, con una mano pagherà e con l’altra incasserà. O farà un giroconto. In fondo tutto ciò che non è vietato dalla legge è lecito.
Dev’essere per questo che il ministro Frattini, il sottosegretario Bonaiuti e uno sventurato interprete (massima solidarietà ai tre casi umani) han dovuto giurare a Ghedini che davvero B. credeva che Mubarak avesse una nipote marocchina. Infatti, per evitare l’incidente diplomatico, la fece consegnare dalla Minetti non al consolato egiziano, ma a una prostituta brasiliana.
Ma nessuna legge vieta ai ministri di sputtanarsi come meglio credono.
Calderoli, per esempio, qualche mese fa bruciò col lanciafiamme “385 mila leggi inutili”: purtroppo una fiammata collaterale incenerì la norma che assicura l’appartenenza del Canal Grande alla città di Venezia, mentre ora non si sa più di chi sia. Con un altro sbocco di calore incontrollato, il ministro piromane s’è pure fumato il regio decreto del 1866 sull’annessione all’Italia del Veneto e di Mantova, che ora potranno tornare serenamente agli austriaci e al granduca.
Conoscendo Calderoli, si teme che accendendosi una sigaretta riconsegni l’Alto Adige agli Asburgo, riconquistando però Nizza e Savoia.
Del resto la legge non vieta ai ministri di fare o giurare cazzate, e tutto ciò che la legge non vieta è lecito.
Anche se è molto ridicolo.
Ma il ridicolo non ha mai ucciso nessuno.
Se no farebbe una strage.



Il Fatto quotidiano 10.02.2011

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